L’igiene dentale è la disciplina che sta alla base dell’intera odontoiatria, finalizzata a preservare la dentatura naturale e prevenire l’attacco batterico al dente (carie) e ai tessuti di supporto (malattia parodontale).
Questa prevenzione si esplica su 3 livelli:
1- Istruire e motivare il paziente al controllo di placca in sede domiciliare e informarlo sui fattori di rischio per le patologie orali e parodontali;
2- Trattare meccanicamente la superficie dentaria (sopra e sottogengivale);
3- Eliminare eventuali fattori ritentivi di placca.
Il trattamento meccanico effettuato nello studio odontoiatrico consiste a sua volta in 3 fasi:
1- Detartrasi preliminare (scaling) con strumentazione ad ultrasuoni, che consente di rimuovere placca e tartaro sopra e sotto gengiva, eventualmente in associazione con terapie manuali di levigatura radicolare (root planing) mediante curette;
2- Completamento rimozione placca dalle superfici dei denti ottenuta mediante un flusso di cristalli di bicarbonato accelerati da un getto di aria compressa, utile anche per rimuovere le macchie causate da tabacco, caffè, te e altre sostanze coloranti;
3- Lucidatura delle superfici, per miniminazzare la ritentività del tessuto dentale alla placca e migliorare l’estetica del sorriso. Possibili effetti secondari di questo trattamento sono una batteriemia transitoria e una leggera ipersensibilità dentale.
Una seduta professionale di igiene orale dovrebbe essere eseguita almeno due volte l’anno. Nel periodo di tempo che intercorre tra gli appuntamenti, la salute del cavo orale è nelle mani del paziente, il quale dovrà cercare di mantenere un controllo di placca più scrupoloso possibile facendo un corretto utilizzo di spazzolino, dentifricio e filo interdentale, oltre che al bisogno di collutori e scovolini o altri presidi specifici.
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Il rischio di sviluppare la carie diminuisce significativamente in presenza di adeguate concentrazioni di fluoro nel cavo orale: la sua triplice azione consiste nel rinforzare la struttura cristallina dello smalto, nel favorirne la remineralizzazione e nel fungere da antimicrobico nei confronti dello Streptococcus Mutans. Per tutte queste ragioni, le linee guida del Ministero della Salute indicano la fluoroprofilassi come la pietra miliare della prevenzione della carie necessaria in tutti gli individui, con l’unica eccezione delle donne in gravidanza.
Esistono oggi diversi mezzi di somministrazione del fluoro, ognuno dei quali con diverse concentrazioni, frequenza di uso e dosaggio (acqua fluorata, latte, sale, compresse, gocce, dentifrici, gel, vernici). L’intera popolazione è esposta al fluoro contenuto nell’acqua potabile: questo quantitativo in aggiunta al fluoro contenuto nel dentifricio garantisce mediamente una concentrazione adeguata. In soggetti predisposti, tuttavia, si rivela necessario integrare questo apporto in modo mirato e ciò è possibile sottoponendosi a sedute di applicazione topica di fluoro nello studio.
Lo smalto e la dentina, ovvero i due strati che costituiscono l’involucro del dente, non sono isolati ermeticamente dall’ambiente esterno ma sono parzialmente permeabili alle sostanze con cui vengono a contatto: è il caso ad esempio del fluoro contenuto nel dentifricio, che contribuisce a remineralizzarne la struttura, ma anche di tutta una serie di altre sostanze meno utili.
Se queste sostanze rilasciano dei coloranti, questi in parte vengono assorbiti dalla struttura dentale causando le cosiddette macchie intrinseche. Al contrario delle macchie estrinseche, più superficiali e rimuovibili meccanicamente ad esempio con un getto di bicarbonato, le macchie intrinseche richiedono l’utilizzo di prodotti specifici per la loro rimozione.
Lo sbiancamento vero e proprio dunque consiste nell’applicare e far agire sui denti questi prodotti (perossidi) non prima di aver adeguatamente protetto i tessuti gengivali; apposite lampade fotoattivanti completano il processo. Con lo sbiancamento professionale il risultato estetico è notevole e duraturo mentre gli effetti collaterali sono ridotti al minimo: non si crea alcun danno strutturale alla superficie del dente, unico inconveniente può essere una possibile sensibilità intra o post operatoria.
Nei denti che presentano discromie dovute a cause patologiche pulpari (emorragie o necrosi) o semplicemente dovute a pregressa terapia canalare, è possibile eseguire il cosiddetto sbiancamento intracoronale: dopo accurato isolamento del dente e apertura della cavità di accesso alla camera pulpare, gli agenti ossidanti vengono lasciati direttamente all’interno della porzione coronale e gradualmente risolvono la discromia.